Diversi studiosi dell’infanzia citati nel libro “A Piedi nudi nel verde” di Albertina Olivierio e Anna Oliviero Ferraris, teorizzano la necessità di far esplorare il mondo naturale dalla primissima infanzia perchè, tra i diversi e molteplici benefici che se ne possono trarre, i bambini hanno anche bisogno di sentirsi parte di un tutto che li contenga.
Questa idea dell’abbraccio rassicurante della natura, che dona tranquillità in sé e fuori di sé, io l’ho capita all’improvviso in una tiepida mattina di inizio primavera.
E’ stato davvero sorprendente rendermi conto, nell’arco di una stessa mattina, come l’atteggiamento fisico e mentale dei miei figli dipendesse esclusivamente dallo “spazio” occupato: se all’aperto o al chiuso per intenderci.
Finché siamo rimasti infatti chiusi in casa, sono stati irrequieti e incontenibili come due giaguari chiusi in una gabbia: hanno corso da finestra a finestra, saltato su letti e divani indistintamente, rovesciato sul pavimento scatole di lego e giochi senza poi effettivamente giocarci. E in tutto questo hanno litigato tra loro, con urla e strilli, dalle quattro alle cinque volte nell’arco di un’ora.
Non appena sono riuscita a riprendere in mano la situazione, li ho trascinati litiganti fuori di casa. Augurandomi che mia madre in quel frangente non passasse di lì perchè, entrando in casa, avrebbe di sicuro chiamato la polizia pensando o a una bomba esplosa o a un festino di ladri.
Con questo pensiero e il dubbio se avvisarla o meno, ho guidato verso la spiaggia con i timpani perforati dalle loro urla. Appena scesi dall’auto però, è successo l’inaspettato. Sarà stata l’aria frizzante, il rumore delle onde, la vista dei gabbiani, il profumo della salsedine…fatto sta che è come se qualcuno avesse fatto loro un incantesimo.
E questo qualcuno altro non era che Madre Natura! E’ stato come se avessero percepito il suo grande abbraccio accoglierli nel suo ventre placido. Non solo quindi hanno smesso di litigare all’istante, ma si sono messi a giocare, tranquilli, con sassi e rametti.
Dopo un po’, incredula fin quasi alla commozione, sorpresa da questa insperata beatitudine che mi aveva permesso addirittura di sfogliare due pagine di un libro, ricordo di non aver resistito, di essermi alzata e aver detto loro: “bene, siamo fuori, all’aperto, qui potete correre e urlare finché volete, perché diavolo invece state lì in silenzio e immobili?! Non potreste essere così anche a casa? Qui avete uno spazio immenso: sfruttatelo!”
Loro mi hanno guardato sorpresi e con orgoglio (e una nordica compostezza) mi hanno mostrato una piccola diga che stavano costruendo con legni e sassolini per deviare il corso di un formicaio.
Questa attività avrebbe potuto impegnarli per ore. Questa è la natura, e nessun tablet potrà mai competere con la sua magia brulicante vita. Bisognerebbe il più possibile cercare di far recuperare ai nostri figli questa dimensione a stretto contatto con la natura che, per chi vive in città, è troppo spesso sacrificata. Non appena ci si presenta l’occasione, quindi, concediamo ai nostri figli il piacere di sporcarsi in una pozzanghera di fango, di arrampicarsi su un albero, di rotolarsi in un prato e di scoprire tutte le infinite forme di vita che popolano terra, sabbia e piante.
E soprattutto ho capito una cosa molto semplice: per far sì che in casa stiano più tranquilli basta tenerli fuori all’aperto a giocare il più possibile.