Il mio primo giorno più bello del mondo è arrivato un pomeriggio quando, rientrata da scuola, mio padre mi disse che “l’innominabile” mi aveva chiamata.
Quando avevo 16 anni non usavamo i cellulari, ma il telefono con la cornetta e il filo di plastica che ti attorcigliavi tra le dita nelle lunghe telefonate con le amiche.
L’aspirante fidanzato quindi ti doveva chiamare “a casa”, e così la telefonata (che arrivasse o meno) diventava una questione di famiglia.
L’innominabile era stato così soprannominato quando ormai avevo perso ogni speranza che potesse accorgersi di me.
E invece quel giorno, inaspettatamente, arrivò la sua chiamata. E una gioia immensa mi divampò fino ai lobi delle orecchie.
Per fortuna ci furono altri giorni più belli del mondo e tutte le volte sentivo quella gioia divampare dentro: quella volta al provino di teatro dove il buio della sala non mi faceva più paura, il giorno della maturità e di quel faticosissimo 6 in matematica, la prima uscita con quello che poi è diventato il padre dei miei figli e tutte e 3 le volte che, con il pancione, sono entrata con il cuore in gola in sala operatoria e ne sono poi uscita con Giacomo, Mattia ed Elisa.
Il giorno più bello del mondo l’ho ritrovato tutte le volte che ho superato un ostacolo, che ho affrontato una paura perché ci vuole coraggio per essere felici.
Il giorno più bello del mondo è anche il titolo di un film che sono andata a vedere in anteprima al cinema con mio figlio e che è uscito lo scorso 31 ottobre.
Vedendo il film, diretto e interpretato da Siani e da due bravissimi attori bambini ho capito un’altra cosa: il giorno più bello del mondo è potenzialmente ogni giorno, basta che ci sia amore. Amore verso qualcuno (l’innominabile) oppure verso quello che più ti appassiona nella vita.
Il protagonista del film, Arturo, fa l’impresario di un piccolo teatro di avanspettacolo ormai in declino, appartenuto a suo padre. Il quale gli ha lasciato una eredità ben più importante: costruire la gioia nei cuori delle persone, emozionandole.
Arturo è terribilmente frustrato perché dopo la morte del padre non è più riuscito a risollevare le sorti del teatro. Tuttavia, la speranza è sempre l’ultima a morire, soprattutto quando, inaspettata, arriva la notizia di un lascito da parte di un lontano zio.
Sfortunatamente per Arturo, l’eredità sono solo due bambini: Rebecca e Gioele.
Dopo i primi momenti di convivenza un po’ difficile, Arturo scopre che Gioele ha un potere sorprendente.
Le magie che il bambino è in grado di compiere sembrano essere la chiave per risolvere i problemi di Arturo e risollevarlo dal vicinissimo tracollo.
La strada che porterà Arturo a risolvere la sua situazione è impervia e costellata di imprevisti ed ostacoli ma è proprio grazia e loro che Arturo scoprirà che la felicità è una scelta per cui vale sempre la pena lottare.
post in collaborazione con Grandvision AD