Come gestire le emozioni del bambino… quando è in preda a una crisi isterica?
Sembrava una sera come molte altre e, soprattutto, un bagnetto come tanti altri. E invece si stava (quasi) per scatenare l’inferno.
Dopo avere esortato Mattia più volte e con amorevolezza a uscire dall’acqua, al suo ennesimo rifiuto – per evitare di tirarlo fuori a forza – ho optato per inserirmi direttamente anche io sotto la doccia (praticamente vestita) per vedere se fosse comunque rimasto dentro.
Davanti a questa mia violazione di soglia, lui è letteralmente esploso: dapprima ha iniziato a lanciarmi addosso tutti i giochi che aveva nel bagnetto, poi ha proseguito urlandomi il suo cavallo di battaglia: “tu, brutta del mondo!”. La cosa che mi lasciava di stucco era che più cercavo di calmarlo e più lui mi respingeva con forza. La situazione stava precipitando, ma cosa potevo fare per chiudere la vicenda?
Prenderlo e tirarlo fuori con le cattive?
Già mi era capitato in passato di sperimentare questa strada, e mi terrorizzava solo l’idea di esercitare una forza sovrumana per cercare di contenerlo, mentre convulsivamente si sarebbe dimenato urlante, bagnato e scivoloso tra le mie braccia.
Confusa e nell’attesa di capire cosa fare, mi trovavo rannicchiata nell’angolo della doccia cercando invano di schivare schizzi d’acqua e il lancio di contundenti paperette di gomma.
Mantenere la calma e non esplodere dalla rabbia in questi momenti è una vera e propria impresa.
Tuttavia sono stata aiutata da una folgorazione, come mi accadeva ai tempi della scuola, quando inaspettate illuminazioni mi salvavano dai vuoti di memoria durante le interrogazioni.
Eccola allora la mia insperata intuizione capace di donarmi nuova speranza: il ricordo di una frase di un libro che stavo leggendo proprio in quei giorni. “La sfida della disciplina” di Daniel J.Siegel, così si chiamava, esortava i genitori a entrare in sintonia con i figli per “reincanalare” le loro emozioni.
A dirla tutta non avevo compreso pienamente il significato di quella frase, fintanto che non mi trovai in quella doccia assediata dall’attacco delle paperelle gialle e arancioni.
Osservando Mattia incapace di riprendere il controllo su se stesso, infatti, compresi che – a differenza mia – non sarebbe stato mai in grado di fermarsi e “tornare” indietro.
Quel libro spiega bene perché i bambini che si trovano in questa situazione non hanno alternative se non quella di sprofondare nel “non controllo” più totale: sono ostaggi della parte più irrazionale e primitiva del cervello, chiamato appunto “cervello rettile”.
Siamo noi adulti, che invece abbiamo già sviluppato il cervello più evoluto, che abbiamo la responsabilità di comportarci in maniera differente, più “responsabile”.
Realizzato questo, decisi di fare l’ultima delle cose che mi sarei sentita di fare: abbracciarlo. Avevo l’impressione che questa mossa, in quel preciso momento, potesse sparigliare le carte e andare nella direzione di quel concetto che stavo iniziando a mettere a fuoco: entrare in sintonia con la sua emozione…. sarebbe forse stato questo il primo passo per poterla poi reincanalare?
Così l’ho preso decisa e abbracciato forte: sono stata “empatica”. Certo, se qualcuno ci avesse osservato dall’esterno non avrebbe mai visto le premesse “logiche” per un gesto del genere: eppure ha funzionato.
Forse Mattia si è sorpreso, forse era soltanto quello di cui aveva bisogno. Dopo un primo istante di resistenza, si è sciolto nell’abbraccio e ha smesso di piangere indicandomi come se nulla fosse successo, una delle sue paperette (già, proprio loro… assassine!).
Siamo usciti dal bagnetto e, mentre lui era tornato sereno e tranquillo, io ero seduta sul tappetino del bagno, esausta, prosciugata da ogni energia fisica e mentale e con addosso ancora i vestiti. Fradici.
Uno dei concetti che mi sono rimasti dalla lettura del libro di Siegel e che ho interiorizzato dopo questo bagnetto indimenticabile, è che dire “no” al comportamento distruttivo del bambino, può comunque volere dire “sì” alle sue emozioni e al suo modo di vivere le esperienze.
E’ come se gli dicessi: “puoi provare tutte le emozioni che vuoi, ma non puoi fare sempre tutto quello che vuoi” (vedi il lancio di paperette).
Comunicare ai nostri figli che consideriamo legittime le loro emozioni, li aiuta a regolare e calmare la reattività del loro sistema nervoso.
E in questi momenti possiamo ulteriormente sostenerli con alcune domande, cercando di calmarli e facilitando in questo modo il passaggio dal piano inferiore del cervello (dove risiedono gli impulsi innati, l’elaborazione delle emozioni intense come la paura e la rabbia) al piano superiore, ricettivo e riflessivo ma ancora poco sviluppato, che è però bene iniziare a stimolare e allenare.
Questo è una delle 4 strategie pratiche che ho imparato dalla lettura de “La Sfida della Disciplina – Governare il caos per favorire lo sviluppo del bambino” di Daniel J.Siegel e che ho approfondito qui (Strategie di Disciplina a breve e a lungo termine).
Sempre ispirandomi a questo libro ho approfondito anche i seguenti argomenti:
1-Gestire i capricci al supermercato…
come lo humor può aiutarci a recuperare le situazioni in cui tutto sembra perduto
2- Bambini e regole: la strategia del Sì condizionato
3- Come gestire le emozioni del bambino… quando è in preda ad una crisi isterica
4– Quando urlare non serve a nulla Magari urlare dentro di noi anche sì… ma non contro i nostri figli