Gli americani usano questa espressione: “fail fast” ossia: sbaglia in fretta perchè “prima sbagli prima impari”.
Semplice, no?
Gli americani quindi non hanno questa concezione negativa dell’errore, al contrario lo ritengono indispensabile, una “forma di pratica”.
Ecco, i miei figli devo dire che in questo mi aiutano molto: quotidianamente mi danno almeno dalle tre alle quattro occasioni di “fare pratica” sbagliando.
Devo dire, però, che all’ennesima punizione inflitta per l’ennesima disobbedienza, ho deciso di cambiare approccio. Ho capito, infatti, il mio sbaglio: continuare a punire i loro errori e a premiare i loro comportamenti buoni.
Questa dinamica, infatti, che etichetta i bambini come “buoni” o “cattivi” mi si è giustamente ritorta contro tipo boomerang.
Non solo il mio perseverare con i castighi non porta a nulla, ma mi fa anche perdere di credibilità ai loro occhi e sono arrivata paradossalmente a sentirmi persino presa in giro. Ad esempio, è capitato che i miei figli mi anticipassero e andassero a mettersi in castigo da soli…
L’americana Becky A.Bailey nel suo libro “Facili da amare, difficili da educare” (dal titolo non potevo non comprarlo) afferma che “una guida amorevole richiede che non si faccia affidamento sulle punizioni e le ricompense e ci si concentri invece sulle conseguenze basate sulla riflessione per aiutare i bambini a imparare dai propri errori”.
Quando puniamo, il biasimo impedisce che si verifichi un cambiamento in futuro poiché concentra l’attenzione sulla ricerca della colpa, anziché indurre a riflettere sulle soluzioni.
Una volta ogni tanto i premi e le punizioni possono avere senso, ma quando gli adulti fanno costante ricorso solo a queste due modalità di funzionamento, i bambini imparano a basarsi sul giudizio altrui per prendere le proprie decisioni morali. E sono proprio le ricompense e le punizioni a creare il “controllo altrui”. Risultato? I figli crescono concentrandosi su quello che viene richiesto loro e su quello che, in cambio, richiederanno loro agli altri.
In breve, questo sistema impedisce ai bambini di imparare dai propri errori proprio come quando prestiamo loro soccorso nelle situazioni di difficoltà con l’obiettivo di proteggerli dalla sofferenza che deriva dalle loro scelte.
Se un bambino commette un errore e lo punite, questo lo farà concentrare sulla colpa invece che sull’errore commesso e sulle possibilità di evitarlo in futuro. La minaccia non permette risultati a lungo termine, molto più utile è aiutarlo a trovare la sua motivazione a cambiare atteggiamento.
Allo stesso modo non è con la promessa della ricompensa che si motiva a perseguire un dato comportamento perché la volontà di agire bene, rispettare l’altro, mostrarsi tolleranti ed empatici deve essere slegata da un premio.
Guardate cosa succede quando le insegnanti o i nonni utilizzano la tecnica della “caramella premio” quando i bambini fanno i “bravi”. Ma non pensate anche voi che quei bambini che oggi si impegnano per la caramella, saranno gli stessi adulti che domani si impegneranno nel loro lavoro solo a fronte di una gratificazione straordinaria?
Non sarebbe meglio riuscire a trasmettere ai bambini quel senso di completezza e di appagamento che si prova quando si riesce, semplicemente, a fare bene per il gusto di farlo? A prescindere dal bonus extra di zucchero?
E allo stesso modo non sarebbe meglio dare a nostro figlio il timone dei propri sentimenti, in modo da permettergli di imparare a distinguere da solo il bene dal male, attraverso la consapevolezza delle proprie emozioni?
Facili da amare, difficili da educare di Becky A.Bailey