3 inevitabili conseguenze dei castighi

3 inevitabili conseguenze dei castighi

In vacanza con i miei figli, leggere è diventata la mia attività più ambita perché è quasi impossibile io riesca nell’impresa.

Non so a voi, ma a me non capita mai di riuscire a leggere tre righe consecutive senza essere interrotta da urla, strilli, o più semplici “mamma mi scappa la cacca”, “mamma vieni”, “mamma guarda”, “mamma ho fame”.

Nonostante ciò non mi arrendo, e nella borsa della spiaggia tra un cambio di costume e una protezione 50++++ ci butto dentro anche un libro. Chissà mai.

Non so come sia stato possibile, ma ero proprio in spiaggia la mattina che, leggendo “il cervello dei bambini spiegato ai genitori”, mi sono imbattuta in un paragrafo dal titolo: “perchè i castighi non funzionano”. Per poco non mi cappottavo dalla sdraio.

Le 3 conseguenze negative dei castighi

Questo è per me un tema caldo, anzi, caldissimo quanto il sole che mi stava cuocendo in quel momento. Infatti, ultimamente, mi sembra di non riuscire ad arginare i miei figli in nessun modo se non con la minaccia di castighi e punizioni. E ovviamente mi sono resa conto anche io che siano del tutto inefficaci. Anzi, ho avuto quasi la sensazione di entrare in un circolo vizioso per cui più li punisco e più ai loro occhi il castigo perde qualsiasi significato.

Avete presente quando beffardamente vi anticipano e vanno da soli a mettersi in castigo? Ecco, l’apoteosi dell’inutilità di una punizione. E soprattutto, sia la punizione che l’autopunizione non evitano il ripetersi il giorno dopo dello stesso identico copione.

Ecco perché ho sentito l’esigenza di approfondire il tema. Anche Daniele Novara, pedagogista e autore di “Punire non serve a nulla”, afferma che le punizioni sono elementi estranei ai processi educativi: che siano fisiche, simboliche, dimostrative o quant’altro, non hanno alcuna chance di favorire davvero la crescita, la responsabilizzazione o l’autostima.

Non solo quindi sarebbero inefficaci, ma a quanto pare il loro “uso, abuso e consumo” può portare a queste tre dirette conseguenze:

1) Il castigo mortifica e arresta l’apprendimento.

I bambini (ma anche gli adolescenti) hanno bisogno di sbagliare senza essere puniti.

Se [il bambino] commette errori diamogli tempo. Forse si accorge da solo. Semmai senza dirgli che ha sbagliato mostriamogli con lentezza i vari passaggi del come-si-fa: invece di andare a caccia della sua imperfezione, sosteniamolo nel suo cammino ad arrivare con soddisfazione a far bene, a sperimentare il successo (“I figli che bella fatica” Grazia Honneger Fresco).

Se ha combinato un disastro non umiliamolo sgridandolo o punendolo. Infierire non serve. Punire non corregge, perché l’apprendimento non passa attraverso la mortificazione.  Il bambino chiede di essere preso sul serio e di vedere riconosciuta la sua dignità. Per assecondare questa esigenza, bisogna mettere da parte un atteggiamento autoritario (non autorevole) e mettersi in ascolto.

La punizione può farci ottenere obbedienza nell’immediato e nel breve termine ma alimenta in nostro figlio risentimento, sfiducia in se stesso e senso di inadeguatezza. La punizione serve più all’adulto per scaricare la tensione e illudersi di avere la situazione sotto controllo. Il castigo mette solo a tacere (per un tempo limitato) “la motivazione” che ha portato nostro figlio ad agire in quel determinato modo senza cercare di comprenderne realmente le ragioni. Se non comprendiamo la motivazione che lo ha spinto ad agire così, è probabile che la situazione si ripeterà.

Mettiamo il caso che sul lavoro abbiamo sbagliato e per “punizione” il capo ci abbia demansionato. Un comportamento così coercitivo e demotivante nei nostri confronti ci farebbe davvero lavorare meglio? Non è desiderio comune essere compresi piuttosto che puniti?

2) Il castigo alimenta i comportamenti negativi del bambino anziché correggerli.

Paradossalmente un castigo invece di demotivare certi comportamenti li incentiva ancora di più. Spesso un comportamento “biasimevole” accade per due motivi:

1- Le regole iniziali non sono sufficientemente chiare, o premature per essere comprese e quindi rispettate in modo adeguato dal bambino. Ogni fase di sviluppo ha le sue regole. Non possiamo pretendere che un bambino di 3 anni arrivi a comprendere certi limiti che solo un bambino di 9 ha le competenze evolutive per apprendere.

2-Le regole sono chiare e adatte alla sua età, ma il bambino sceglie di trasgredirle appositamente perché è l’unico modo in suo possesso per attirare la nostra immediata attenzione. 

Il primo caso è inutile discuterlo perché il problema è a monte, nel qual caso non possiamo pretendere obbedienza o rispetto a regole “inadatte”. Nel secondo caso invece, più noi concederemo “protagonismo” al negativo e più lo rafforzeremo. Il messaggio semplice che passiamo a nostro figlio è che se si comporta male avrà tutta la nostra attenzione. E per ottenerla è anche disposto ad accettare il castigo, anzi è così consapevole del suo comportamento sbagliato che talvolta sarà addirittura lui a proporre per primo di andare in punizione. In questi casi, la migliore strategia per motivare una condotta positiva nel bambino è prestare attenzione e far risaltare invece i comportamenti positivi. Così piano piano si convincerà che ci sono anche altre strade da percorrere per ottenere la nostra attenzione, di sicuro più piacevoli per tutti.

Ogni volta che il bambino si sente ricompensato perché ha agito bene, alcuni neuroni molto speciali, situati nella regione del cervello che controlla la motivazione, secernono una sostanza chiamata “dopamina”. Questa permette al cervello del bambino di associare il suo comportamento alla sensazione di soddisfazione o appagamento.

Questo processo così semplice è il meccanismo basilare dell’apprendimento. Per rinforzare un comportamento positivo e innescare questa connessione, basta poco: ricordarci di ringraziarlo e farlo sentire utile se ad esempio ha riordinato i suoi giochi o ci ha aiutato a bagnare i fiori.

Le 3 conseguenze negative dei castighi

3) Il castigo svilisce l’autostima.

Quando puniamo nostro figlio per aver disobbedito o gli diciamo che è disobbediente, il suo cervello usa questa informazione per crearsi una nuova “auto-rappresentazione”. Ogni volta che gli diciamo “tu sei”, il cervello del bambino registra questo dato nella parte del  cervello chiamata “ippocampo”, incaricata di immagazzinare tutte le nozioni sul mondo e su se stesso. Pertanto, se il bambino riceve il messaggio di essere disobbediente, creerà una immagine di se come disobbediente e agirà di conseguenza in maniera a essa coerente. Il bambino che sa di essere egoista, capriccioso o pigro (perché così gli è stato detto) non avrà altra scelta che comportarsi nella vita in base a quello che sa di se stesso. In tal senso poche cose possono causare tanti danni all’autostima e alle possibilità di un bambino quanto tutti i messaggi negativi su se stesso che gli rimangono impressi nella memoria. Ricordiamoci anche di non esagerare nell’altro senso, perché le parole di apprezzamento possono perdere valore se ripetute in eccesso.

Dopo la lettura di questo libro un brivido mi ha percorso la schiena. E ho pensato che basta davvero poco per “programmare”, pur con tutte le migliori intenzioni del mondo, un “piccolo tiranno o un adulto fragile e insicuro”.

Nello stesso tempo, ho anche pensato di iscrivermi a un corso di yoga o di trasferirmi a vivere con i miei figli in una comunità Hippy per cercare di essere più zen, arrabbiarmi meno ed evitare così la trappola della punizione.

E’ indubbiamente difficile scardinare la convinzione che da generazioni ci portiamo dietro riguardo al fatto che i bambini possano apprendere le regole solo attraverso castighi e sgridate.

Tuttavia è forse il caso di riflettere sulle nostre convinzioni, perchè educare senza punire è un qualcosa di possibile e realistico. Un primo passo in questa direzione può essere quello di leggere i due libri che vi consiglio qui sotto, che a me hanno aiutato molto…

Il cervello dei bambini spiegato ai genitori di Alvaro Bilbao

Il cervello dei bambini spiegato ai genitori di Alvaro Bilbao

Punire non serve a nulla di Daniele Novara

punire non serve a nulla Daniele Novara

I figli che bella fatica di Grazia Honneger Fresco

I figli che bella fatica di Grazia Honneger Fresco

 

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