Esco a prendere le sigarette… (ovvero quando vorresti solo scappare)

Esco a prendere le sigarette... (ovvero quando vorresti solo scappare)

Avete mai provato a cercare la frase “esco a prendere le sigarette” su google? Beh, io penso di essere cresciuta con questa battuta che alludeva al fidanzato che, con la scusa di uscire giusto un attimo per comprare le sigarette, poi spariva per sempre. Inghiottito, forse, dal distributore automatico.

Era talmente un “classicone” il vero significato celato in questa frase che, tra fidanzati, dopo un litigio, pronunciarla poteva realmente destabilizzare o suonare come la peggiore minaccia.

Io mi sono sempre chiesta chi fosse il primo che, con questa scusa geniale, ha sancito la prima forma di “vile abbandono” quasi sine causa.

Esco a prendere le sigarette... (ovvero quando vorresti solo scappare)

Ed ecco che questa sera mi sono sentita empatica con il “tipo delle sigarette”. Dopo che i miei figli mi avevano prosciugato qualsiasi tipo di pazienza, all’ennesimo tentativo inascoltato di metterli a letto, sono uscita di casa lasciandoli increduli con mio marito.

Io non fumo e quindi ho ripiegato sul “vado a buttare la spazzatura”.

Chiudermi la porta alle spalle è stato liberatorio. Come lasciarsi dietro una bomba ancora inesplosa. Dopo un istante di pieno silenzio è infatti deflagrata la sirena dei pianti e delle urla.

Ma io di riaprire quella porta non avevo nessuna intenzione. Nella fretta di uscire, anzi, scappare, la spazzatura poi non l’avevo neanche presa. Così mi sono ritrovata scalza e in mutande sul ballatoio di casa.

Fortunatamente abito all’ultimo piano, così mi sono risparmiata il passaggio di qualche vicino. Mi sono quindi seduta sulla scale di marmo gelido e ho aspettato. Che cosa precisamente non lo so, forse che mi passasse la rabbia? Il senso di frustrazione? O forse nutrivo in me solo la speranza che prima o poi avrebbero smesso di piangere e si sarebbero addormentati con mio marito.

Esco a prendere le sigarette... (ovvero quando vorresti solo scappare)

Così, mentre nella testa si affastellavano tutte le cose che avrei potuto fare se avessi almeno preso con me il cellulare nella fuga, mi sono fermata e mi son detta: ma goditi questo momento di pace, da sola, e fissalo quel muro davanti a te senza sentirti in colpa.

E così ho fatto e ho ripensato alle parole rincuoranti che oggi mi ha detto una persona speciale, di quelle che se ne trovano poche di persone così:

“Il genitore migliore lo hai già dentro di te, è in te da sempre. Non serve cercarlo nei libri o nei suggerimenti degli esperti. Devi solo fermarti ad ascoltarti, sii te stessa e ascolta la tua rabbia, la tua stanchezza non sentirti in colpa, non esistono modelli ma solo persone piene di difetti e fragilità”.

Nascere e crescere alla luce dell’educazione empatica

di Giuditta Mastrototaro

Nascere e crescere alla luce dell'educazione empatica di Giuditta Mastrototaro

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